IPCC Special Report su cambiamenti climatici e territorio
Presentato a Ginevra 8 agosto 2019
UN Special Report su cambiamenti climatici e territorio. Lo Special Report (SR) su cambiamenti climatici e territorio è il secondo ‘rapporto speciale’ prodotto nell’ambito del sesto ciclo di valutazione dell’International Panel on Climate Change (IPCC). Anche se si tratta di un rapporto ben distinto dai citatissimi Assessment Report (AR), con il sesto dei quali (AR6) in corso di realizzazione, è stato preparato congiuntamente da tutti e tre i gruppi di lavoro di cui si compone IPCC.
Il rapporto contiene l’usuale Summary for Policymakers, traducibile come sommario per i legislatori o sommario per i decisori politici, presentato a Ginevra l’8 agosto us, che riassume i principali risultati raggiunti dai 107 esperti provenienti da 52 paesi (per il 53% in via di sviluppo) riuniti in diversi gruppi di lavoro per il 40% coordinati da donne.
Vale sottolineare che nelle diverse pagine di presentazione del rapporto l’ufficio stampa delle Nazioni Unite si preoccupa di sottolinearne il rigore scientifico e la considerazione in cui è stata tenuta ogni possibile fonte d’informazione. Al proposito sono dettagliatamente elencati i numerosi incontri di lavoro svolti dagli oltre cento autori che a loro volta precisano di aver raccolto dei contributi da parte di 96 esperti esterni e di aver preso in considerazione e citato nel rapporto oltre 7000 lavori referati della letteratura.
Alcune citazioni dal rapporto su agricoltura e cibo
In vista della prossima pubblicazione su questo sito di una sintesi delle soluzioni pratiche fornite dal 2nd UN Special Report, ci si limita qui a riferire sulle problematiche riguardanti l’agricoltura e sulle misure concrete per garantirne la sostenibilità e ridurre gli sprechi alimentari così come sintetizzate dall’ISPRA sul suo sito.
Gli autori del rapporto invocano l’urgenza di agire per mitigare il livello attuale di emissione di gas serra da parte dell’agricoltura e della silvicoltura, che insieme totalizzano quasi un quarto delle emissioni globali di gas serra. L’abbattimento delle foreste (13 milioni di ettari l’anno, 250 milioni negli ultimi due decenni), il drenaggio delle torbiere e delle aree umide e la distruzione di prati e i pascoli sono alla radice delle emissioni di enormi quantità di anidride carbonica (CO2); allo stesso modo la coltivazione per sommersione del riso e l’allevamento di bestiame producono grandi quantità di metano, un gas serra molto più potente della CO2, con un potere riscaldante 30 volte superiore.
Distruggere gli ecosistemi naturali e semi-naturali, incluse le aree agricole, e trasformarle in altre forme di uso del suolo (edifici, strade, capannoni, parcheggi) è grave non solo perché contribuisce all’effetto serra e ai cambiamenti climatici, ma anche perché rimuove una funzione chiave che gli ecosistemi garantiscono all’umanità, quella di assorbire le emissioni e quindi sottrarle dall’atmosfera per sequestrarle nelle piante e nel suolo sotto forma di sostanza organica.
Con degrado e consumo di suolo in corso stiamo rinunciando a una opzione importante per raggiungere il livello emissioni-zero entro il 2050, il target che lo Special Report 1.5 dell’IPCC pubblicato lo scorso anno indica ai decisori politici se vogliamo evitare aumenti della temperatura globale.
Un grave problema che emerge dal rapporto è il degrado del suolo, in cui i terreni agricoli sono stati danneggiati da pascoli eccessivi, cattive pratiche di coltivazione e taglio degli alberi e della vegetazione in genere, rendendoli vulnerabili all’erosione causate da vento e precipitazioni.
In generale non sono i singoli proprietari terrieri, grandi o piccoli che siamo, a causare il degrado. In molti casi è la pressione a coltivare il cibo nel modo più economico possibile da parte del sistema agro-industriale dominante a rendere difficile per gli agricoltori concentrarsi sulle pratiche ecologiche e di sostenibilità.
Ancora una volta il rapporto richiama all’urgenza di agire per la decarbonizzazione e il cambio trasformazionale delle economie e delle società; all’umanità è rimasto pochissimo tempo per ridurre drasticamente le emissioni da tutte le fonti, compresi i trasporti, i rifiuti e la produzione di energia, per evitare un pericoloso aggravarsi della crisi climatica.
D’altra parte è anche fondamentale che il mondo sia in grado di alimentare i suoi 10 miliardi di abitanti entro il 2050. Il rapporto IPCC afferma che sarebbe impossibile mantenere le temperature globali entro i livelli di sicurezza di non più di 2°C di riscaldamento rispetto alla temperatura dell’età pre-industriale, a meno d’una trasformazione nel modo in cui produciamo cibo e gestiamo i suoli.
Secondo quanto dice il rapporto, confermando anche una conclusione della sesta edizione del Global Earth Outlook dell’UNEP, è possibile coniugare sostenibilità ambientale dell’agricoltura e della selvicoltura e sicurezza alimentare, a condizione che siano avviate strategie e misure concrete, immediate, di lotta allo spreco alimentare e di trasformazione delle diete.
Link alla pagina di presentazione del rapporto
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